Lupetto, è un cane che la mia famiglia ha adottato, purtroppo, a distanza. Dico purtroppo perché il tempo trascorso con lui è stato molto intenso, ma breve.
Il nome che gli è stato dato quando è arrivato al canile ex cinodromo, un nome dolce che non risponde alla sua fierezza di cane husky, che proviene da regioni fredde e ostili. Quasi a volere smentire il sentimento di affetto che nasce quando si pronuncia questo nome. Lo sguardo dritto e la sua riservatezza non ha tratto in inganno Jacopo, mio figlio, il quale ha visto attraverso la rete della gabbia anche una sua ritrosia verso gli estranei, anche un timore profondo ad uscire dal suo rifugio, una timidezza di fondo che lo ha commosso. Gli ho chiesto: “Perché hai scelto lui? Non hai visto che ci sono altri cani più gioiosi, che ti fanno le feste appena ti avvicini, che ti guardano speranzosi mentre dicono prendi me, prendi me…”. “Ho sentito un certo feeling” mi ha risposto asciutto. E ho pensato che effettivamente era molto bello, sensibile e riservato come lui. Così abbiamo incominciato insieme il percorso con Lupetto a partire da giugno 2009.
Seguito da Adriano, Jacopo ha iniziato l’educazione di Lupetto. Per uscire dalla gabbia è stato necessario fare in modo che corresse poiché era terrorizzato dall’abbaiare degli altri cani. Una volta arrivato nel recinto, Lupetto non si faceva avvicinare da nessuno. Jacopo invece ha adottato la tecnica dell’indifferenza e così poco a poco Lupetto si è avvicinato e ha cominciato a prendere confidenza. Poi con il passare del tempo, ha imparato ad andare al guinzaglio, a non avere paura, a farsi spazzolare (una novità, probabilmente!), ad interagire con le persone, a riconoscere Jacopo come capobranco. Jacopo ed io siamo andati a far correre Lupetto tutti i sabato, tranne nel periodo di vacanze ad agosto. Quando siamo tornati, Lupetto era un poco distaccato, ma ha ripreso subito confidenza con il suo amico.
Quando poi è ripresa la scuola e Jacopo non è potuto tornare al canile, ho iniziato io ad occuparmi di lui, riconoscendo me come capobranco. Però, in un’occasione, quando eravamo presenti Jacopo ed io, Lupetto non ha avuto nessuna difficoltà a capire chi dovesse seguire. Dopo sei mesi di lavoro con risultati eccellenti, quando Lupetto era ormai pronto per trovare una casa, è stato adottato da un ragazzo della stessa età di Jacopo, è stato accolto in una casa con molto spazio: meglio di così? Però un poco ci manca, ci manca il suo affetto misurato, la morbida pelliccia puzzolona, il suo modo di fare. Lo immaginiamo, Jacopo ed io, nel prato che corre, sotto il tavolo della cucina, silenzioso, altero, fragile, affezionato. Tanti auguri Lupetto!
Adele